Roma, Italia
29 marzo 2006
Source:
Società Italiana di Tossicologia
Original release in PDF format:
http://www.pharmtox.org/sitox/docs/sitox_comunicato_ogm_2006.pdf
21 Accademie e Società
scientifiche italiane sottoscrivono un
Consensus Document che riassume i risultati della
letteratura scientifica internazionale e delle prove
sperimentali condotte sull’argomento e conclude che è possibile
coltivare piante GM vicino a quelle convenzionali e biologiche
ricorrendo alle normali pratiche agricole. Secondo gli studi
effettuati nei principali Paesi Europei, sono sufficienti 25-40
metri di distanza tra campi di mais geneticamente modificato,
tradizionale e biologico per mantenere un livello di mescolanza
inferiore alla soglia dello 0,9% stabilita dalla normativa Ue.
La coesistenza in Italia tra
colture tradizionali, biologiche e geneticamente modificate è
possibile. A pronunciarsi in questa direzione sono 21 Accademie
e Società scientifiche italiane, che rappresentano circa 10 mila
ricercatori, attraverso un Consensus Document intitolato
“Coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e
geneticamente modificate”. Dopo la pubblicazione, nel novembre
2004, di un Consensus Document su “Sicurezza Alimentare e
OGM”, gli scienziati italiani hanno fatto ora il punto della
situazione su un tema di strettissima attualità, al centro del
dibattito politico, che può giocare un ruolo significativo sul
futuro dell’agricoltura del nostro Paese.
“Abbiamo voluto focalizzare la
nostra attenzione sul tema della coesistenza per offrire ai
cittadini, agli agricoltori e ai legislatori uno strumento utile
in vista della definizione di regole e modalità di coesistenza
tra le colture tradizionali, biologiche e quelle geneticamente
modificate” - analizza il Professor Giorgio Cantelli Forti,
Presidente della SITOX, presentando il Consensus Document in
conferenza stampa a Roma. “Il documento raccoglie la normativa e
le informazioni scientifiche disponibili pubblicate a livello
nazionale e internazionale, puntando a verificare lo stato
dell’arte e a ricavare indirizzi opportuni sul tema della
coesistenza”.
La coesistenza tra colture
convenzionali e OGM: la normativa Ue e gli studi
I ricercatori italiani spiegano
chiaramente che la coesistenza tra colture non è un argomento
legato alla sicurezza alimentare o ambientale. Tali aspetti sono
infatti regolati da un quadro normativo comunitario che non ha
eguali e che garantisce che le piante geneticamente modificate e
i prodotti da loro derivati autorizzati alla commercializzazione
sono sicuri per l’uomo, gli animali e l’ambiente.
Si tratta, quindi, di una
questione di natura soprattutto economica: è necessario – si
legge nel Consensus Document – “garantire da un lato la
possibilità per gli agricoltori di coltivare sia colture GM sia
convenzionali o biologiche garantendo dall’altro ai consumatori
la possibilità di scegliere fra prodotti realmente diversi”. Per
questa ragione è intervenuto il legislatore europeo, che ha
definito la disciplina normativa e il livello di commistione
consentito. Si tratta del Regolamento Europeo 1830/2003, che
prevede l’etichettatura dei prodotti come “contenenti Organismi
Geneticamente Modificati”, quando la presenza degli OGM è
superiore allo 0,9%. La Commissione Europea ha tracciato anche
una serie di principi operativi per la definizione dei piani di
coesistenza che devono rispettare i criteri di trasparenza,
scientificità, proporzionalità e specificità. Le pratiche devono
inoltre tener conto di molteplici aspetti, come la differenza
tra le specie e le varietà coltivate, i tipi di produzione, le
diversità a livello regionale (condizioni climatiche,
topografia) che influenzano decisamente il grado di commistione
tra colture GM e non.
E ancora. Secondo gli scienziati
in tema di coesistenza è necessario per esprimere giudizi
ponderati, basarsi sull’analisi critica delle conoscenze
disponibili. A questo proposito gli studi realizzati sono
numerosi e riguardano in modo particolare il mais, coltura che
riveste un ruolo rilevante nell’agricoltura europea ed italiana
per l’alimentazione animale ed umana. Gli studi più recenti
confermano che sono sufficienti 25-40 metri di distanza tra
campi di mais geneticamente modificato e convenzionale per
mantenere un livello di commistione inferiore alla soglia dello
0,9% stabilita dalla legge Ue.
Il caso italiano
In Italia – ricorda il Consensus
document – sono state effettuate tre sperimentazioni utilizzando
varietà convenzionali di mais, visto che è vietata la
sperimentazione in campo con OGM. Il primo studio, commissionato
da COOP Italia e svoltosi in due località dell’Emilia Romagna e
della Toscana ha utilizzato mais con chicchi colorati come
tracciante. Nella prima località sono state utilizzate 300
piante “colorate” (40 metri quadri): il tracciante è stato
rilevato fino ad una distanza massima di 25 metri. Nella seconda
località l’area utilizzata è stata di 20 mq: i ricercatori hanno
scoperto il tracciante ad una distanza di 5 metri.
Il secondo studio, commissionato
dal CNR e dal Ministero dell’Ambiente, ha considerato una
località in cui isole di mais sono state piantate a distanze
predefinite separate da un terreno non coltivato. La presenza
del tracciante è stata inferiore all’1% a 40 metri e pari allo
zero a 80 metri. Nel 2005, infine, è stato realizzato un terzo
studio in Lombardia - il più importante per estensione mai
condotto in Italia e tra i più importanti in Europa – a cura del
C.R.A. di Bergamo e dal Parco Tecnologico Padano. Anche in
questo caso i risultati ottenuti sono significativi: si scende
al di sotto dello 0,9% ad una distanza media di 17,5 metri,
dello 0,5% a trenta metri, mentre non si raggiunge lo 0,1% a 120
metri.
Dalla Spagna alla Francia,
dalla Gran Bretagna alla Germania: la coesistenza in Europa
Risultati sperimentali simili sono
stati ottenuti anche in altri Paesi Europei. Da molti anni la
Spagna, unica nazione europea ad avere estese coltivazioni di
mais geneticamente modificato, ha messo in piedi un piano di
monitoraggio nazionale sulla coesistenza. Secondo quanto
osservato su campi sperimentali di 0,25 ettari, emerge
chiaramente che entro quaranta metri la presenza di OGM scende
al di sotto dello 0,9%. Non solo. Gli studiosi spagnoli hanno
verificato che la presenza di quattro file di mais convenzionale
attorno al campo OGM sono sufficienti a garantire la
coesistenza. In Germania la ricerca ha riguardato una varietà
transgenica di mais resistente agli insetti. Lo studio ha
rivelato che la percentuale di OGM al di fuori dei campi
analizzati (estesi da 1 a 20 ettari) scendeva al di sotto dello
0,9% ad una distanza di circa 20 metri.
Anche la Francia ha svolto uno
studio su campi (superiori ai due ettari) coltivati con mais GM
resistente agli insetti. I risultati indicano che la mescolanza
scende al di sotto della soglia dell’0,9% a circa 25 metri di
distanza dal campo coltivato con mais GM. La Gran Bretagna ha
dato vita ad analisi di coesistenza su 55 campi di dimensioni
variabili (5-10 ettari) su un arco di 3 anni. Secondo queste
indagini è sufficiente una distanza di 24,4 metri per non
superare la soglia dello 0,9%, mentre per arrivare allo 0,3%
diventano necessari 80 metri di distanza.
La coesistenza nelle altre colture geneticamente modificate
(patate, colza, soia, bietola)
Nel Consensus Document gli
scienziati italiani precisano che gli studi condotti nel mondo
non hanno riguardato esclusivamente il mais, ma che hanno
puntato i propri riflettori anche su altre colture. Per quanto
riguarda il colza, la presenza accidentale di OGM scende sotto
lo 0,9% a circa 25 metri. La bietola non genera nessun tipo di
problema, poiché viene utilizzata la radice e la raccolta
avviene prima della fioritura. Anche la patata non presenta
criticità. Già adesso con le attuali pratiche agricole è
possibile contenere la presenza di OGM sotto l’0,3%. Stesso
discorso per la soia: l’autofecondazione supera il 99% dei casi.
La mobilità del polline è minima così come l’incrocio tra
colture: 0,4% a 1 metro, 0,03% a 5 metri.
Le conclusioni degli scienziati
italiani Ecco in sintesi le conclusioni delle 21 Società
scientifiche:
• Le piante transgeniche non sono
differenti dalle varietà convenzionali nel loro comportamento in
campo, eccetto per la caratteristica desiderata con modifica.
• I criteri, che regolano i piani di coesistenza delle varietà
convenzionali, sono razionali e possono costituire il modello
per stabilire analoghi criteri per le varietà GM.
• Già adesso le pratiche di coltivazione permettono di
rispettare la soglia dello 0,9% per i prodotti non OGM,
stabilita dal Regolamento Europeo 1830/2003.
• Queste pratiche non determinano significativi aumenti dei
costi di gestione e possono essere applicate all’agricoltura
italiana.
• Anche se le osservazioni fin qui raccolte indicano
un’omogeneità di comportamento delle colture nei diversi
ambienti analizzati, è necessario seguire un approccio che tenga
conto anche delle caratteristiche climatiche e ambientali del
territorio, per migliorare l’efficacia delle azioni svolte senza
costi aggiuntivi.
• Gli studi scientifici indicano che una distanza adeguata (di
25-40 metri) tra campi di mais geneticamente modificato e
convenzionale è sufficiente per mantenere il livello di
impollinazione incrociata sotto la soglia dello 0,9% stabilità
dalla UE ai fini della dichiarazione “non-OGM”.
Il Consensus Document è stato
promosso dalla SITOX, Società Italiana di Tossicologia ed è
disponibile gratuitamente sui siti delle società scientifiche
che lo hanno sottoscritto.
Report in PDF format:
-
Coexistence of traditional, organic and genetically modified
crops - Consensus document
-
Coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e geneticamente
modificate - Consensus Document |